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21 marzo 2008

A scuola di felicità: Le 14 regole per pensare positivo

E' l'ottimismo l'elisir per la felicità. "Vedere rosa" esorcizza il rischio di ammalarsi e di cadere in depressione. Parola di psicologi. A predicare la "filosofia del sorriso" è Gian Franco Goldwurm, dell'università degli Studi di Milano, direttore della scuola Asipse (scuola quadriennale di formazione in psicoterapia comportamentale e cognitiva), che propone una sorta di "cura della felicità". Tutto parte da un dato di fatto scientifico: "Il senso di impotenza che assale chi reagisce in modo pessimistico agli eventi negativi aumenta le probabilità di malattia e depressione". Quindi bando al pessimismo. Ma chi si sente pessimista di natura non disperi: felici non si nasce, si diventa, in altre parole, l'ottimismo si può imparare.


Quattordici le regole per avvicinarsi a questa miracolosa psicologia positiva, che porta la firma di Goldwurm, quattordici semplici consigli, accessibili a tutti, per stare bene.
1. Tenersi occupati
2. Passare più tempo socializzando
3. Essere produttivi
4. Organizzarsi meglio
5. Smettere di preoccuparsi
6. Ridimensionare aspettative e aspirazioni
7. Pensare positivo
8. Pensare al presente
9. Lavorare a una sana personalità
10. Sviluppare una personalità socievole
11. Essere se stessi
12. Eliminare sentimenti negativi e problemi
13. Coltivare i rapporti intimi
14. Considerare la felicità la priorità numero uno.


Ad aver imparato e messo in atto meglio i 14 comandamenti della psicologia positiva sembrano essere in Europa, secondo le ricerche di Ruut Veenhoven (Erasmus University di Rotterdam), gli svizzeri. E fra costoro sono più felici quelli che vivono nei cantoni dove si vota di più, a riprova che la democrazia, intesa come esercizio del potere decisionale in politica, è un'istituzione positiva. Per restare in Svizzera, qui un altro studio ha provato che "anche quando noi stiamo bene, la nostra felicità non è indifferente al malessere degli altri: nei cantoni dove ci sono più disoccupati le persone che hanno un lavoro sono meno felici di quelle che vivono nei cantoni dove ci sono meno disoccupati. Una situazione, questa, che ha fatto esporre a Veenhoven un "quadro paradossale di felicità preoccupata", anche perchè "da un lato le persone appaiono insoddisfatte della societa' odierna e sono afflitte da rischi globali, dall'altro sono soddisfatte della propria vita".

Ma il benessere che raggiungiamo non sarà tuttavia mai completo. Il raggiungimento del proprio stato di benessere non è indipendente nemmeno dal sesso a cui si appartiene. Una ricerca condotta su un campione di 350 studenti delle classi quinte delle scuole medie superiori di Asti ha messo in luce che i ragazzi mostrano maggiore ottimismo e speranza delle ragazze. Ma se insieme al genere sessuale si considera il profitto scolastico, si vede che il benessere delle ragazze aumenta con il miglioramento del profitto, mentre per i ragazzi l'andamento è inverso. La felicità dipende anche dal lavoro che si fa o dal corso di studi che si frequenta, tanto che si arriva pensare che vi siano studi e lavori più adatti ai maschi o alle femmine: le ragazze infatti si dichiarano più infelici dei ragazzi quando frequentano la scuola per geometri, per ragionieri e il liceo scientifico. Nell'istituto di scienze sociali invece sono i maschi a dichiararsi più infelici.

(TGcom)

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