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27 ottobre 2007

Il segreto della felicità

Abbiamo già sostenuto che il denaro è utile ma non è il segreto della felicità umana. Serve certamente a lubrificare gli ingranaggi dell’economia, ma non è l’unica cosa che conta, come già cantava nel 1992 Luca Carboni in “Caro Gesù”: “…oh no i soldi lo so che non danno la felicità, immagina però, come può stare chi non li ha, oh no da soli lo so, da soli no no no…”. Al di là dei proverbi popolari e delle canzonette, a sostegno della tesi che il denaro non sia tutto è scesa in campo da anni la scienza con la “S” maiuscola. In una ricerca condotta presso l’Università del Michigan, è stato chiesto ad un gruppo di studenti cosa migliorasse la loro qualità di vita.

La maggior parte degli intervistati ha risposto: “più denaro”. Ma lo psicologo Mihaly Csikzentmihalyi si domanda: “Visto che siamo così ricchi, perché allora non siamo felici?”. Perché il benessere materiale, nonostante l’ampia pubblicità in tal senso, non è ciò che realmente rende felici le persone, per una serie di interessanti risvolti psicologici. Pensateci: lavoriamo duro così da poter fare più denaro, comprarci macchine più costose e vivere in case più lussuose. Ma una volta che riusciamo a fare più denaro e ad ottenere l’auto o la casa dei nostri sogni, immediatamente sentiamo che non è ancora abbastanza. Quanto più beni possediamo, tanti di più ci sembrano desiderabili (o necessari, a seconda dei punti di vista). Gli psicologi hanno calcolato che in media noi desideriamo il 25% in più di quanto abbiamo, sempre e comunque.

Molti di noi lo fanno inconsciamente, come rispondendo ad un istinto ancestrale tipo l’appetito per il cibo o per il sesso, cui non venga posto alcun limite dal nostro autocontrollo. Ma è inutile riuscire ad ottenere più denaro, se non riusciamo a controllare il nostro istinto che ci porta a cercare di averne sempre più, come il tirchio Ebenezer Scrooge descritto nel “Canto di Natale” (“A Christmas Carol”), composto nel 1843 da Charles Dickens. Il quale Dickens, all’età di dodici anni, a causa di un periodo di difficoltà attraversato dalla propria famiglia (il padre era stato arrestato per debiti dopo aver speso tutto il suo denaro nel tentativo di mantenere un tenore di vita familiare superiore alle sue possibilità), aveva sperimentato sulla propria pelle cosa volesse dire dipendere eccessivamente dal denaro, visto che aveva dovuto andare ad incollare etichette sui barattoli di lucido da scarpe per dieci ore al giorno in una fabbrica di un parente della madre pur di riuscire ad aiutare la famiglia in difficoltà.

Cosa serve dunque per essere felici: sempre secondo Mihaly, i ragazzi che appartengono ad una classe sociale bassa sono più felici di quelli di status sociale più elevato. Per gli adulti scatta un’ulteriore componente: in molti casi le persone più felici sono coloro che impiegano molta parte del proprio tempo in un’attività rispetto alla quale null’altro sembra più importante. In questo caso non si tratta tanto di guadagnare più denaro, ma di trovare desiderabile tale attività, al punto da essere disposti a sacrificare una quantità crescente del proprio tempo libero e delle proprie relazioni sociali pur di farla. Non il denaro, ma il lavoro, sembrerebbe dunque il segreto della felicità almeno per quanto tipo di persone.

Ad ulteriore dimostrazione di quanto sopra altri due psicologi, David Myers e Edward Diener, hanno notato che mentre il reddito personale è più che raddoppiato negli Stati Uniti dal 1960 al 1990, la percentuale di persone che si descrive come “felice” è diminuita. Insomma, il benessere non materiale ci appaga maggiormente di quanto non faccia il benessere materiale; dunque se vostro figlio volesse diventare un cantante, un poeta, un cuoco o un artigiano, non tentate di dissuaderlo magari proponendogli, se proprio non ha voglia di studiare da ingegnere o avvocato, di tentare la carriera di calciatore (o di velina, se avete una figlia femmina), perché guadagna molto più di scienziati, artisti e piccoli artigiani.

Se davvero volete la sua (oltre che la vostra) felicità insegnategli piuttosto a prendersi cura delle relazioni sociali, ossia delle amicizie, indirizzatelo verso un’attività in cui il suo contributo venga valorizzato e riconosciuto, sperate possa godere a lungo di buona salute e riesca a farsi una bella famiglia, all’interno della quale amare e sentirsi amato. Sarà una scelta molto migliore che non cercare di fare ancora più soldi solo per scoprire di non aver neppure il tempo di goderseli. Perché le nostre ricchezze materiali nella tomba, di sicuro, non potremo portarcele, come hanno scoperto a proprie spese i faraoni egiziani millenni or sono.

(stimolatore.com)

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